domenica 1 dicembre 2013

Stefano Bisaglia


Val di Ledro
Aprile 1916 - Novembre 1917

di Stefano Bisaglia combattente in Valle di Ledro


considerazioni e esperienze del poeta soldato, che, mentre combatteva, riusciva a guardare la nostra terra con occhi incantati e sognatori; oltre alle bellezze naturali, così evidenti ed in contrasto con
la realtà quotidiana della guerra, ha spesso anche un pensiero commosso per la gente che popolava questa
terra, sradicata dalle sue case e allontanata in paesi stranieri.
il poeta si dilunga immaginando come dovevano essere quei luoghi quando la popolazione li rendeva vivi con la sua presenza: la chiesa,il campanile, le botteghe degli artigiani, il mulino in una descrizione così realistica e vicina alla realtà di Molina, con il ponte, i cipressi; e i monti, i nostri monti, i paesi, il romanticismo di un convegno amoroso,o la malinconia di un canto notturno. “Or tutto tace”: ecco il contrasto, con lo scoppio delle granate e il crepitìo delle mitragliatrici; le case distrutte, i focolari infranti, le macerie ovunque.
Ecco la piazza un giorno lieta per voci e grida,lieta per canti e strepiti
e per concerti di campane a festa,lieta di sole per mille colori,
per gli arazzi pendenti dai balconi tutti fioriti e per la gente garrula
brulicante al mercato,per la folla discesa ai dì festivi
dai monti e allor raccolta negli antichi portici ornati ancora di pitture.
Al sole del mattino s’aprivan le finestre con allegro frastuono…
Passavan le fanciulle nelle chiare vie recandosi a messa con gli occhi bassi e avendo nel cuor segreti pensier d’amore…
S’ornavano le ville dei primi fiori dalla mattutina pioggerella spruzzati.
E il mulino vegliava fra le case paterno ed impassibile gigante,
pieno sempre di moto e di gente e di grida e nella notte pieno di luci.
Ancor gorgoglia l’acqua fra le ruote a palette, ormai da tanto
tempo senza alcun moto nel canale ampio da le sponde erbose.
Là certo sopra il ponte ombrato dai cipressi a convegno gli amanti venivan nella sera primaverile e bruna per discorrere,per sorridere,per sognare,per sospirar d’amore.
Sonavan l’ore su la torre alta e la squilla sonora nella sera tranquilla
ripetevano gli echi e vicini e lontani dei monti:
di monte Parì,
di cima d’Oro,

Rispondevano certo altre squille lontane dalle torri vetuste dell’armonica valle
nelle notti serene…
dalla Pieve di Ledro,…
da Bezzecca,… da Tiarno,…
da Lenzumo,…
da Locca…
Altre squille solenni dalle torri lontane.
Sospiravan gli amanti là sopra il ponte ombrato dai cipressi.
Si spegnevano i lumi alle finestre.
Fumavano i camini nell’aria chiara dei pleniluni.
Canti notturni passavan nella valle dove s’udivan suoni di sonagli,
colpi di frusta e grida.
Canzoni melanconiche s’udivano dal lago che parean richiami
del tempo dell’amore che passa e che non torna;
nell’ombre costellate d’una notte di giugno, o invocazioni
di cuori amanti e sofferenti senza speranza più d’alcuna
felicità per questa vita piena di misteri, d’enigmi e d’illusioni.
Passava la mestizia nella valle,come un’onda del lago silenziosa e quieta.
Era così la vita,era così la pace nella valle di Ledro, ampia ridente e chiara…
Or tutto tace dell’antica vita.
Or le piazze e le vie dei paesi deserti ingombre son di macerie bianche.
Or l’erba cresce su la bianca soglia del tempio e attorno alle fontane garrule.
Or l’edera s’arrampica libera per gli squarci delle mura delle case in rovina, entra invadente nelle stanze ove scorrono l’acque piovane e crescono
le muffe e il rospo vive con le serpi.
Non v’è più casa che non sia colpita,non v’è più tetto che abbia le sue tegole.
E la rovina cresce ad ogni sfogo di tedesca rabbia.
Scoppian granate e frugano cercando nei meandri altre vite invano, passano
fasci di luce a sera,lividi in cielo e la valle rimbomba sonora come un tempio
per gli scoppi brutali delle bombe delle bombarde, per il rombo cupo
dei cannoni lontani,per le violenti e più vicine scariche
delle mitragliatrici fragorose.
Or ripetono da tempo questo immane fragor di guerra gli echi
e profuga è la gente della valle nelle terre nemiche più lontane,
dove spasima invano pensando alla nativa terra sacra,alle case distrutte,
al focolare infranto,ai beni ormai perduti per sempre e al tempo ormai breve che resta
della misera vita che verrà; per l’infuriar della tedesca rabbia
che più crudele si dimostra sempre,contro i miseri, i deboli, gli afflitti
da un contrario destino.
Questa è la vita d’oggi
nella valle di Ledro
ampia, ridente e chiara…


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