domenica 1 maggio 2016

Famiglia Crosina

Vi avevo promesso di darvi notizie della famiglia Crosina.. Eccole
Dalla mia scheda in: Maria Luisa Crosina, Scheda in «Guida della Valle di Ledro», ed. Temi, Trento
Famiglia Crosina
La famiglia Crosina si stabilì a Tiarno di Sotto con ogni probabilità nel XVII secolo, provenendo da Balbido nelle Giudicarie dove si era rifugiata già alla metà del 1200 per sfuggire alla tirannide di Ezzelino da Romano, signore di Padova. In questa città, infatti, i Crosina, allora Crosna - il cognome attuale venne dato dall’imperatore Carlo V - avevano ricoperto cariche importanti: uno di essi vi era stato console al tempo dell’imperatore Enrico (1060 circa). Giunti nella nostra regione, entrarono a far parte dell’aristocrazia locale imparentandosi con buona parte della nobiltà trentina e distinguendosi in vari campi. Nel 1558 il medico Tommaso Crosina che si era trasferito a Trento e aveva sposato una Bonporto - il loro palazzo con lo stemma esiste ancora di fronte all’abside del Duomo - ricevette il diploma di nobiltà dall’arciduca Ferdinando d’Austria, dignità che nel 1675 fu elevata al titolo di baroni del S.R.I. con i predicati di Manburg (l’attuale Man alla periferia di Trento), Hausenheim, Mariastein e Miederpreistensbach. Il personaggio più di rilievo della famiglia fu Antonio (1581-1663), figlio di Tommaso, che scelse per vocazione la vita ecclesiastica: fu suffraganeo del cardinale Carlo Emanuele Madruzzo e nel 1647 fu eletto per acclamazione principe vescovo di Bressanone. Si distinse per lo zelo nell’istruire la gioventù, per le frequenti visite pastorali alla sua diocesi, per la pietà e dottrina. Morì in concetto di santità nel 1663 e fu sepolto nel Duomo di Bressanone; purtroppo la sua tomba non ci è stata conservata. Il ramo dei baroni Crosina di Trento si estinse con la scomparsa di Simone Felice consigliere reale, essendogli premorto nel 1762 l’unico figlio Giovanni Filippo. Simone Felice nel suo testamento del 19 gennaio 1775 nominò «eredi universali del suo cospicuo patrimonio gli orfani maschi della città di Trento» ordinando che il suo palazzo fosse ridotto «a comoda abitazione degli orfani»: era nato l’Istituto Crosina, oggi conosciuto come Fondazione Crosina-Sartori.
I capostipiti dei Crosina presenti a Tiarno giunsero in valle precedentemente al 1687; il ventisette agosto di quell’anno, infatti, il sacerdote Giovanni Crosina (o anche Crocina), oriundo delle Giudicarie e Pieve del Bleggio, cittadino di Riva, dove era cappellano della Disciplina e beneficiato Riccamboni nella Pieve di S. Maria Assunta, fece testamento in casa del notaio Sebastiano Olivario, lasciando dei beni a Giacomo, figlio del fu Pietro suo fratello, «oriundo delle Giudicarie presentemente abitante e convicino di Tiarno di Sotto», a Beatrice e Maria, figlie del fu Giovanni Crocina suo erede, alle chiese di Tiarno di Sopra e di Sotto e ad altre del Bleggio, tra cui, naturalmente, S. Giustina di Balbido. Cosa abbia spinto quel ramo della famiglia a trasferirsi in valle, rimane ancora oscuro: vi aveva dei possedimenti ereditati dagli avi? Una risposta potrebbe venire, oltre che dallo spoglio degli atti notarili dell’epoca, dall’identificazione delle località raffigurate alla base al suo albero genealogico conservato al Castello del Buonconsiglio di Trento e dalla decifrazione dei predicati nobiliari che sembrano riferirsi a toponimi. Ciò che sicuramente si sa, è che molti membri della famiglia Crosina, chissà per quali vicende, si distinsero posteriormente nel lavorare la pietra, in questo caso il granito, così abbondante in gran parte della vallata. Una tradizione familiare vuole anzi che essi fossero così abili e quotati, da venir chiamati a prestare la propria opera alla Corte di Vienna, e che si recassero per tale scopo a Praga ancora nella seconda metà dell’Ottocento. Pressappoco negli stessi anni, dei Crosina provenienti da Tiarno si trasferirono ad Arco - vi erano infatti celebri cave, con la pregiata pietra delle quali, l’oolite, vennero scolpiti molti monumenti famosi sia in Italia che a Vienna – per esercitarvi quell’arte che, da molto tempo ormai, è decaduta. Anche in Valle di Ledro non vi sono più scalpellini: l’ultimo d’essi fu il Bepi Crosina del ramo dei “Ballarì” (m. 1989); pure la vecchia casa di famiglia, «ricca di pregiati stucchi ed affreschi», come ricorda Bortolo Degara, è scomparsa: è stata distrutta da poco, per lasciare il posto ad una costruzione moderna.
M. L. C.
Maria Luisa Crosina, Scheda in «Guida della Valle di Ledro», ed. Temi, Trento



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