domenica 1 maggio 2016

Esodo in Boemia

da "Comune di Ledro"
UN PO’ DI STORIA DELL'ESODO IN BOEMIA
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale la Valle di Ledro, parte integrante dell’Impero austro-ungarico, era zona di confine con il Regno d’Italia.
In seguito alla dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria-Ungheria la Valle di Ledro diventò il fronte che separava due eserciti, quello italiano schierato a sud della valle e quello austro-ungarico schierato sui monti a nord. Questa situazione comportava un evidente pericolo per l’incolumità della popolazione civile.
A causa della pericolosità della situazione giunse l’obbligo per gli abitanti della Valle di abbandonare i propri paesi per una destinazione sconosciuta. La mattina del 22 maggio 1915 la popolazione ledrense trovò le case tappezzate dalla Notificazione dell’Imperial Regio Capitano di Riva che ordinava l’evacuazione per il giorno successivo, da effettuarsi entro 24 ore.
Gli uomini in età di leva, tra i 21 e i 42 anni già allo scoppio della guerra, nel 1914, vennero arruolati e partirono per il fronte. “In 60.000 furono arruolati in Trentino, 12.000 non fecero più ritorno, sepolti nei cimiteri di guerra galiziani, nella Bucovina, sui Carpazi. Più di 14.000 rimasero feriti, 12.000 caddero prigionieri dei russi e rimasero isolati per anni dalle famiglie e dal resto d’Europa, anche dopo la fine della guerra, per lo scoppio della rivoluzione bolscevica”[1].
Gli sfollati furono quindi soprattutto donne, bambini e anziani, molti dei quali non avevano mai oltrepassato il confine della Valle.
Dopo aver sistemato le ultime cose nelle case, nelle stalle, nei campi e dopo aver nascosto sotto le assi del pavimento le provviste e i servizi buoni di piatti e lenzuola, la popolazione si mise in marcia per raggiungere la stazione ferroviaria di Riva del Garda.
Nessuno aveva idea di quale fosse la destinazione. Le uniche indicazioni fornite avvisavano della necessità di portare approvvigionamenti per qualche giorno di viaggio.
Caricata sui treni merci la popolazione ledrense intraprese il lungo tragitto che li avrebbe portati nelle zone più interne dell’Impero austro-ungarico, nell’Austria superiore, in Boemia e in Moravia.
Dopo tre, quattro giorni di viaggio giunsero a destinazione.
I paesi in cui vennero dislocati avevano nomi strani, difficili anche solo da pronunciare: Buštěhrad, Chyňava, Doksy, Družec, Nový Knín, Milín, Příbram, Ptice, Železná, Svárov, Všeň, Stříbro…
All’inizio fu molto dura. Si soffriva la fame, non si capiva la lingua e la popolazione locale diffidava dei profughi italiani che chiamavano dispregiativamente “talianski” ma, con il passare del tempo le cose migliorarono. Tutti gli uomini erano al fronte, c’era quindi una grande necessità di manodopera per lavorare i campi e gli italiani, soprattutto le donne, diedero dimostrazione di grande volontà, operosità e onestà.
Così facendo i ledrensi conquistarono la fiducia delle popolazioni boeme, impararono la lingua e si instaurarono rapporti di grande amicizia che, una volta tornati in Valle, sopravvissero al tempo e alla distanza.
Terminata la guerra, dopo quasi quattro anni di lontananza, tra la fine del 1918 e i primi mesi del 1919, i ledrensi poterono tornare alle loro case, in Valle di Ledro. Non fu semplice separarsi dagli amici boemi e soprattutto dai tanti cari che, non sopravvissuti a questa tragica esperienza, vennero sepolti nei cimiteri delle terre d’esilio.
Diamo i numeri:
Ledrensi nati in esilio: 107
Ledrensi morti in esilio: 405
Ledrensi morti o dispersi in guerra: 103
Il numero complessivo degli esuli ledrensi si aggira intorno alle 5 mila unità




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