un pò di storia ,da " Le palafitte nel cassetto"
Il momento chiave: la costruzione della nuova centrale idroelettrica di Riva
Ancora all’inizio della Prima Guerra mondiale, nel giugno del 1915, gli
alpiniavevano distrutto le centrali idroelettriche poste lungo il torrente
Ponale per im-pedirne l’uso ed i benefici agli austriaci. I bombardamenti
austriaci successivi ed i saccheggi operati terminarono l’opera di distruzione.
Appena terminata la guerra si pensò quindi alla loro ricostruzione. Le loro
condizioni però e la politica dell’epo-ca riguardo all’energia che poteva
essere sfruttata solo dall’Autorità governativa,esclusero tale soluzione. Si
pensò invece a qualcosa di completamente nuovo. Così,su progetto dell’Ing.
Alessandro Panzarasa di Milano, il Municipio di Rovereto,nel luglio 1919,
avanzò una richiesta al commissariato Civile di Riva con la quale chiedeva lo
sfruttamento dell’acqua del Ponale a partire dal Lago di Ledro , da utilizzare
come serbatoio naturale. Si arrivava fino al Lago di Garda utilizzando l’acqua
del torrente Ponale su tre salti per l’alimentazione di altrettante centrali:
una a Molina, una poco sotto Biacesa e la terza a Riva, allo sbocco del Ponale.
Un simile progetto che richiedeva la possibilità di abbassare all’occorrenzail
livello del lago fino a 10 metri sotto la superficie e la costruzione di una
digadi 16 metri che sbarrava il lago stesso, suscitò un’immediata reazione da
parte della gente ledrense. Nonostante le molte opposizioni e ricorsi
presentati ,e nonostante fosse stato dimostrato che il Lago di Ledro fosse
proprietà privata di tutti i comuni della valle, il progetto ottenne il parere
positivo degli Uffici tecnici, del Commissariato Civile e potè così prendere il
via. Ma le obiezioni comunali e tutte le rimostranze sollevate costrinsero il
Municipio di Rovereto a rivedere e rideterminare l’intero progetto. Esso venne
radicalmente cambiato dai progettisti Francesco Tomazzoni e Edoardo Model, che
lo presentarono nel 1924.Il nuovo progetto prevedeva che il lago diventasse un
vero e proprio bacino diaccumulo per la Centrale. Le acque del lago sarebbero
state incanalate, con presa diretta presso Mezzolago, e attraverso una galleria
di oltre sei chilometri,scavata nella montagna, venivano portate ad un’unica
centrale, a Riva del Garda. Il livello massimo di svaso venne portato in tal
modo da 10 a circa 23 metri.I lavori per la centrale iniziarono nel 1925 e
durarono fino al 1929, mentre quelli della galleria avevano già preso avvio nel
novembre del 1924. La galleria venne eseguita tutta a mano, con “ ponta e mazot
”, per creare i fori da mina in quella dura roccia calcarea e dolomitica. Un
lavoro massacrante, pericoloso, eseguito daminatori esperti. “
In quella circostanza, un uomo, Valentino Angelini, stava disgaggiando con un
ferro dei sassi e fu investito da una frana. Lasciò tre figli piccoli. E poi, il
fratello di Valentino, restò cieco nello scoppio di una mina (ma in un’altra
operazione) (dalla testimonianza di Fiore e Mary Rosa)
”. Venivano preparati una serie di fori, in cui venivanopoi piazzate le polveri
esplosive che facevano saltare la roccia pezzo per pezzo. Ci vollero quasi
quattro anni per completare lo scavo della galleria, del pozzo piezometrico
posto alla base della stessa. Finalmente, domenica 18 marzo 1928, di fronte a
numerose persone accorse sulle rive settentrionali del lago, venne aperto
l’ultimo diaframma di roccia che chiudeva la galleria. Alla celebrazione e al
celebre scoppio della mina presenziò l’Arcangelo” Gabriele , Gabriele
D’Annunzio, arrivato in Valle ammarando con un idrovolante (partito da Gardone)
sul piccolo lago.“
Era il 1928. Venne Gabriele D’Annunzio, un personaggio piccolo di statura;
arrivò con il suo idrovolante: avevo 8 anni e quel giorno c’era tantissima
gente. Eravamo sotto la torre della Villa Bernardinelli e fu un’esperienza
unica. Ricordo ancora la colonna d’acqua che si alzò dal lago. Ricordo anche i
lavori di costruzione della galleria. Insieme alle mie sorelle siamo andate a
percorrerla e visitarla; con gli operai che mangiavan odal Cauzzi e che
conoscevamo, siamo partite da qui a Barcesino, dove c’è la galleria di
ispezione e siamo arrivate fino a picco su Riva. Questa galleria (di ispezione)
si addentra per qualche decina di metri e ad un certo punto c’è una porta al di
la della quale passa l’acqua prelevata dal lago… Allora, quando vi entrammo,
non c’era la porta e nemmeno l’acqua e siamo così riuscite ad attraversare
tutto
fino ad arrivare fin sopra Riva. Dentro non è molto grande… è grande come
l’imbocco della galleria di ispezione. Prima che chiudessero siamo
andati…avevano iniziato i lavori nel 1925 lo stesso giorno della data di
nascita del Pio Gustavo (dalla testimonianza di Elvira Berlanda)
”.Ma tornando a quel giorno di marzo del 1928, i ricordi sono sugellati da
frasiche ancora si ricordano con grande lucidità. Fra le più celebri, quella
che lo stesso D’Annunzio, dopo aver chiesto informazioni riguardanti i lavori,
abbraccia o un frate francescano lì presente disse: “
Oh fraticello, fraticello mio, son francescano anch’io!
”. Il poeta – soldato, che ben presto si diresse al tavolo sul quale era posto
i congegno di accensione delle mine, pronunciò un breve discorso, schiacciò il
tasto e subito un boato attutito dall’acqua fece tremare le rocce soprastanti e
il suolo circostante. Erano tante le preoccupazioni, la più particolare delle
quali riguardavai livelli del lago. Si immaginava che la presenza della
galleria avrebbe determinato un immediato forte svuotamento del lago. “
Venne D’Annunzio con l’idrovolante, man giò nella zona sopra “la presa” e si
aspettavano che nel tagliare l’ultima parte della galleria il lago dovesse
calare immediatamente…ma non successe. Lavorò tanta gente a quell’opera…c’era
anche gente di Tiarno, Bezzecca e Concei (dalla testimonianza di Beppino
Toniatti) ”.
anche riguardo a quest’opera Francesco Zecchini espone il suo punto di vista,
facendo, in primis un resoconto dei lavori e delle vicende, e con-cludendo a
suo modo con commenti caustici nei confronti delle parti in causa.
“Quando il Ponale, con le sue imponenti cadute d’acqua percorreva indisturbato
il suo alveo,verso il 1880 la città di Riva, costruiva quasi alle foci del fiume
Ponale, la sua centrale elletrica e benchè in proporzioni piccoline era però
sufficiente ai bisogni dei suoi cittadini, e funzionò fino al 1906, cioè fino a
quando Rovereto e Riva in dolce amplesso, stabilirono di creare una centrale
più poderosa, sempre sfruttando le acque del fiume, erigendola a valle diBiacesa
con la presa dell’acque vicino o nelle adiacenze della fabbrica di magnesia dei
Colota Cis e figli in Molina, questa centrale doveva alimentare la forza alle
città di Rovereto e Riva. Ma siccome l’appetito viene mangiando, dopo un
periodo di circa 20 anni, i magnati delle due città, hanno presentato al
governo, un progetto grandioso, di prendere direttamente dal lago alla
profondità di 28 metri dal livello normale, l’acqua necessaria e con galleria
perforando il monte “Rocchetta” portare la stessa in un bacino scavato nella
montagna a circa 400 metri di altitudine e precisamente come si può vedere,
sopra la centrale di Riva. È logico che se il governo rilasciava una tale
concessione, per forza, doveva cessare l’a flusso dell’acqua nel fiume Ponale.
Dato che lungo il fiume esistevano molti stabilimenti che usufruivano delle
frequenti scadenze delle acque dello stesso, per far funzionare gli stessi, si
presentava chiara l’opposizione dei proprietari di detti opifici, come quella
della popolazione la quale fece presente alle autorità che la soppressione
della corrente dell’acque lungo il suo alveo, poteva portare dei danni non
indifferenti all’igiene pubblica, per il ristagno di acqua nei burroni lungo il
fiume e nel deposito di rifiuti nell’alveo. Alle autorità di è fatto presente
anche i danni che potevano derivare alle sponde del lago, molto melmose e le
frane che ne potevano derivare con lo svasamento fino alla profondità di 28
metri, dove l’acqua, come si ponesse una spina in una botte, doveva immettersi
nella galleria. Le stesse autorità non tennero in nessun conto le proteste dei
valligiani rivieraschi, e accordò la concessione per 99 anni.
I podestà dei allora singoli comuni di Molina, Prè e Biacesa dormirono della
grossa e non avanzarono nessuna pretesa, cosicché rimasero, parlando in ghergo,
fotuti… Che cosa succede? Che i comuni di Rovereto e Riva hanno fatto i conti
senza l’oste; hanno la centrale che gli è costata più di 100 millioni . Che
cosa succede? Che i comuni di Rovereto e Riva hanno fatto i conti senza l’oste;
hanno la centrale che gli è costata più di 100 millioni e non Ad onor del vero,
tanti comuni ledrensi si aggregarono ai vari ricorsi con-tro la realizzazione
dell’opera, obiettando che l’abbassamento del livello del lago avrebbe comportato
un deturpamento della bellezza della Valle, minacciando, conl’esalazione degli
scoli, la salute e l’igiene pubblica; avrebbe danneggiato la nascen-te
industria del forestiero, perché avrebbe scoperto le rive ripide e rocciose
sullequali non era possibile l’approdo delle barche, né tantomeno la
balneazione; ci sa-rebbero stati franamenti, si sarebbero persi i diritti di
abbeveraggio del bestiame ela macerazione di canapa e lino; si sarebbero
inesorabilmente danneggiate la pesca e la caccia intorno al lago.
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