La cava dei “Gioeli" anni 30'

Spostandosi verso l’imboccatura del Ponale possono ancora oggi scorgersi i resti di quella che fino a pochi decenni fa era utilizzata come cava. La vegetazione e gli edifici hanno ormai oggi ricoperto il terreno, un tempo luogo di lavoro per le famiglie Baldessari e Rosa. “
A 11 anni ho iniziato a lavorare in cava… la cava si trovava dove oggi ci sono i locali del Canali… quella cava l’abbiamo scavata interamente a mano.. Ogni singolo metro a mano…con le carriole di legno…era dura….buttavamo via tanto materiale di scarto. Preparavamo la ghiaia per la strada, per il Ponale, da Riva fino a Pieve; c’erano due cave: quella verso Polota è stata aperta quando è stata chiusa quella verso Pastei… Il piazzale davanti al museo è tutto materiale della cava…lo scarto che buttavamo fuori…poi ce lo proibirono e dovemmo alzarci a gradoni… nella nostra cava non c’era materiale delle palafitte.
Gli unici ritrovamenti erano solo bombe e pezzi di bomba. Quella di Polota e quella di Pastei erano cave di stesso materiale… Perchè un tempo era tutto attaccato, le due morene erano una sola montagna… dicono che il lago andava verso Storo.Ricordo ora che l’ultimo carico che ho venduto erano 650 lire e al metro cubo. In cava la ghiaia valeva 5/2,5 lire al metro cubo...i “carraor” (el “Cerillo”) guadagnavano poco in tutto e il badile (prendevamo sempre il più grande)... ci durava una settimana! Bisognava lavorare parecchio...le mani erano tutto un callo, e sulle ginocchia “braghe” sempre rotte; un paio di pantaloni durava due giorni… “’ ’Na volta l’era laorar”... (dalla testimonianza di Attilio e Silvio Rosa)
da "Le palafitte nel cassetto"
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