sabato 30 novembre 2013

Giuseppe Balata




da "Vita trentina"

Giuseppe Balata, pittore sconosciuto
Nella stupenda chiesa di Villa Lagarina si può ammirare un dipinto datato 1923 raffigurante l’Immacolata, opera di Giuseppe Balata, “pittore di Tiarno in Val di Ledro”. Un nome che risulta pressoché sconosciuto in val di Ledro, sul quale esiste però una pubblicazione curata da Giovanna Nicoletti nel 2007 per la Galleria Civica di Arco. Secondo l'archivio parrocchiale, Giuseppe nasce a Tiarno di Sopra (Nicolò Rasmo nel “Dizionario Bibliografico” parla erroneamente di Tiarno di Sotto) il 31 marzo 1879; fu battezzato il 3 aprile 1879 dal curato p. Angelini. Il papà è Alfonso, guardia di finanza e la mamma è Teresa Peterlini di Terragnolo. Poco tempo dopo la nascita la famiglia di Giuseppe si sposta a Rovereto e si arricchisce di altre due figlie, Eletta e Carolina.

Nella stupenda chiesa di Villa Lagarina si può ammirare un dipinto datato 1923 raffigurante l’Immacolata, opera di Giuseppe Balata, “pittore di Tiarno in Val di Ledro”. Un nome che risulta pressoché sconosciuto in val di Ledro, sul quale esiste però una pubblicazione curata da Giovanna Nicoletti, nel 2007, per la Galleria Civica di Arco.

Secondo l'archivio parrocchiale, Giuseppe nasce a Tiarno di Sopra (Nicolò Rasmo nel “Dizionario Bibliografico” parla erroneamente di Tiarno di Sotto) il 31 marzo 1879; fu battezzato il 3 aprile 1879 dal curato p. Angelini. Il papà è Alfonso, guardia di finanza e la mamma è Teresa Peterlini di Terragnolo. Poco tempo dopo la nascita la famiglia di Giuseppe si sposta a Rovereto e si arricchisce di altre due figlie, Eletta e Carolina.

Fra i vari quadri di paesaggi ho cercato se c’erano scorci della Valle di Ledro. Una delusione: non ho trovato nulla! Mi pare di dover concludere che il nostro pittore non aveva un particolare feeling con il suo paese di nascita e la Valle di Ledro. Forse è anche per questo che la Valle di Ledro lo ha dimenticato. Ciò nonostante mi auguro che la Valle di Ledro sappia ritessere quel rapporto: se un figlio ha dimenticato la sua madre terra, la madre terra non può dimenticare un suo figlio, anzi ha un motivo in più per ricordarlo.

Compiuta la sua prima formazione a Rovereto, Balata ancora giovanissimo agli inizi del 900 frequenta la scuola del nudo a Monaco di Baviera e l’Accademia delle Belle Arti di Brera a Milano. Suo collega di studi è Luigi Cavenaghi. Balata evidenzia subito notevoli capacità nel campo del restauro avendo anche la fortuna di potersi avvalere di un grande maestro, Antonio Mayer.

“Viene assunto dalla Sovrintendenza delle Belle Arti di Trento e restaura le opere di Gaspare Antonio Baroni di Cavalcabò a Rovereto nelle chiese di S. Marco e di S. Maria; successivamente riporta al vecchio splendore affreschi seicenteschi a Novacella nella chiesa abbaziale della Madonna e opera alla conservazione degli affreschi in Castel Tirolo e nei castelli Bragher e Valer in Val di Non. Partecipa dal 1920 alle esposizioni regionali fino al 1959. Tra le opere di carattere religioso si ricordano la pala per la Beata Vergine Immacolata per la chiesa arcipretale a Villa Lagarina ; la Vergine col Bambino per la cappella di S. Maria Ausiliatrice di Mori (1929); un Sacro Cuore e una Santa Maria per la chiesa della SS. Trinità di Trambileno (1936). Nel 1965 muore nella sua casa di Via S. Maria a Rovereto”. Giuseppe Balata era un artista schivo e riservato che non aveva alcuna pretesa di lasciare testimonianze particolari del suo lavoro. L’amico Diego Costa, pochi anni dopo la sua morte, lo volle ricordare così: “Non fu ribelle in arte ma fu ribelle nella vita che la volle vivere come solo lui la desiderava, anche se povera”.

Giovanna Nicoletti che ne traccia il profilo artistico osserva che che “negli anni quaranta i paesaggi assumono un’altra connotazione, “diventano luminosi e sembrano essere sostenuti dal colore. Il paesaggio è il luogo dove la natura si esprime attraverso la voce silenziosa della luce e dove l’osservazione coglie un particolare momento di fermo immagine”.

La personalità del nostro ledrense come possiamo sintetizzarla? “Pittore umile, modesto, riservato, solitario, dimenticato e travisato dalla critica del tempo” (Sara Bassetti, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trento, Corso di Laurea in Scienze dei Beni Culturali, 2005 – 2006). Mai una mostra personale in vita, solo una postuma nel 1994 curata dallo storico dell’arte Maurizio Scudiero, tenutasi nella chiesa del Redentore di Rovereto. “Giuseppe Balata – ebbe a dire il critico - è una di quelle tante figure artistiche locali che certamente non fanno la storia della pittura di questo secolo ma che, con altrettanta certezza, vanno studiati e recuperati in quanto sono proprio loro (e non gli artisti di avanguardia che invece miravano lontano) i veri testimoni della cultura locale del tempo”. (M. Scudiero, Giuseppe Balata, Il Pittore umile, in Giuseppe Balata, Catalogo della Mostra, Rovereto 1994, pag. 3).

Anche Gabriella Belli, direttrice emerita del Mart di Rovereto, fa notare come la critica del tempo abbia semplicemente e ingiustamente dimenticato questo artista: una distrazione della critica incomprensibile!

Mi pare di poter dire che in Balata ritroviamo tutta l’umiltà e la laboriosità (quante pitture e restauri durante la sua vita, fino alla fine!) del suo paese d’origine. Se vogliamo vedere delle opere del nostro pittore ledrense dove le troviamo? A Rovereto, al Museo Civico, al Museo Storico Italiano della Guerra, al Mart e in case private di Rovereto e dintorni. Forse un esemplare ci vorrebbe anche a Tiarno di Sopra! Passo la palla al Sindaco di Ledro.

Con Giuseppe Balata vediamo attualizzarsi l’antico motto: un profeta non è riconosciuto in patria. Che lo ha completamente e ingiustamente dimenticato. E forse è arrivato il momento di riparare questo oblio che non ci fa certo onore.

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